La chiesa di Santa Luciella a Napoli
Nel cuore del centro storico di Napoli, sorge una piccola chiesetta che nasconde un segreto: la chiesa di Santa Luciella, proprio in vico Santa Luciella. Questa chiesa è stata recentemente riaperta grazie a una importantissima opera di restauro da parte dell’associazione “Respiriamo Arte”.
La chiesa è una delle più antiche di tutta Napoli, risalendo addirittura al 1327. Presa in custodia dai pipernieri (i lavoratori della pietra piperno), fu poi dedicata proprio a Santa Lucia: la protettrice degli occhi e della vista avrebbe dovuto, infatti, impedire alle schegge di pietra di conficcarsi negli occhi degli scalpellini. A seguito del terremoto dell’Irpinia del 23 novembre del 1980, la chiesa subì gravissimi danni e rimase chiusa al pubblico fino al 2019.
Il segreto custodito nell’ipogeo
L’ipogeo, ovverosia il sotterraneo della chiesa, inizialmente dedicato alla sepoltura, venne poi reso noto per il culto delle anime “pezzentelle” (di cui si dirà a breve). Per farla breve, dopo un dato periodo dalla sepoltura della salma, ne venivano riesumati i resti al fine di ripulire le ossa e riporre queste in un ossario: in particolare, il cranio veniva separato dal resto delle ossa e rimaneva esposto all’interno dell’ipogeo.
Le anime “pezzentelle”
Le salme raccolte in questa chiesa risalgono al periodo dell’epidemia di peste di fine ‘600: erano alcuni dei corpi dei napoletani che non erano stati reclamati da nessuno. Proprio a causa della peste, chi non sopravviveva alla malattia veniva spesso seppellito in fosse comuni: i loro cari, quindi, rimanevano senza un luogo dove piangere i defunti.
E fu, pertanto, in questo periodo che si sviluppò il culto delle anime “pezzentelle”. Infatti, i napoletani che avevano perso qualcuno, erano soliti “adottare“ un teschio, di cui si sarebbero presi cura al fine di offrire preghiere e conforto alle anime in Purgatorio.
Il tutto, però, non veniva fatto gratuitamente: alle “capuzzelle”, infatti, veniva sempre richiesto qualcosa in cambio, una grazia, un dono, un desiderio. Lo stesso termine “pezzentelle” ci suggerisce questa particolare usanza di un do ut des ultraterreno: il termine, infatti, deriva dal latino “petere”, ovverosia “chiedere”. Una volta che il loro desiderio si fosse avverato, i napoletani avrebbero portato in dono ai teschi degli ex voto, spesso con riferimenti alla precedente richiesta (ad esempio, un giocattolo se si era richiesta una gravidanza).
Il teschio con le orecchie
Tra tutti i teschi, ne spicca uno: “a cap’ e muort ch’e ‘rrecchie”, il teschio con le orecchie. Questa è una “capuzzella” particolarissima, proprio per il fatto che un teschio sembra essere caratterizzato dalla presenza di orecchie: proprio per questo motivo, era considerata una delle migliori anime pezzentelle, vista la sua capacità di “ascolto” delle preghiere.
Ovviamente, non si tratta realmente di orecchie, ma probabilmente di cartilagini mummificate, oppure un distaccamento delle pareti laterali del cranio (che, tuttavia, si sarebbero dovute decomporre in pochi decenni). Ma in ogni caso, non diciamolo troppo ad alta voce… potrebbe sentirci lo stesso.