All’alba degli anni 20 del secolo scorso agli Stati Uniti viene l’ideona. Di punto in bianco il governo federale decide di vietare il consumo di qualsiasi tipologia di alcol su tutto il territorio nazionale: viene inaugurato il proibizionismo. Incredibilmente la cosa non funziona e dopo poco più di una decina d’anni viene abolita. Perfetto, direte, una piccola parentesi che si è aperta e poco dopo chiusa, niente che ci riguardi. Quasi. Perché i ruggenti anni ‘20 non ci hanno lasciato solo un sacco di fantastici film sui gangster italo americani – esatto Gli intoccabili, sto parlando di te – ma anche una delle più originali idee nell’ambito di bar, locali e via dicendo: gli speak easy. Se un secolo fa il proibizionismo è fallito, infatti, uno dei motivi è che ovunque si aprivano locali segreti che continuavano a vendere alcol illegalmente (solo New York ne contava 32mila!).
Questi locali, chiamati speak easy (parla piano) perché segreti, come un’araba fenice stanno negli ultimi anni risorgendo dalle loro ceneri e continuano a nascerne di nuovi. È chiaro, ‘sto giro sono legali, ma non perdono l’alone di mistero che, per necessità, ne caratterizzava gli originali americani. Cosa significa non perdere l’alone di mistero? Provate ad entrare in un secret bar e me lo direte voi. La maggior parte di questi locali non fornisce indirizzi e per trovarli è necessario farsi accompagnare da qualcuno che sappia già dove si trovano. In altri casi sono i locali stessi a fornirti la posizione in via confidenziale, ma potrebbe essere necessario risolvere qualche enigma per essere degni di riceverla. Un lavoraccio, ma ne vale la pena. Ah, dimenticavo, a volte serve una parola d’ordine, buon non compleanno.
Quando comunque avrete superato tutte le prove e sarete finalmente giunti stanchi alla meta, saprete che le fatiche spese sono valse a qualcosa. Il concept che accomuna gli speak easy è la segretezza, ma anche altri elementi li distinguono da qualsiasi altro tipo di locale. Innanzitutto l’arredamento. Non c’è una regola precisa, a parte stupire con stili di rara bellezza: si sfuma da sale che profumano di Charleston ai velluti di sapore zarista che coprono ogni parete, dalle officine meccaniche ad archi rossi di mattoni che sembrano sorretti da immensi divani di pelle bruna.
Poi, ovviamente, i cocktail: questi vi faranno illuminare di immenso. Gli speak easy sono fatti da gente appassionata, gente che nel dibattito tra qualità o quantità ci è entrata a gamba tesa a favore della prima. Difficilmente saranno serviti spritz e gin tonic, perché praticamente ogni secret bar crea prodotti unici ed introvabili in qualsiasi altro luogo. Un consiglio spassionato, fatevi suggerire direttamente dai gestori che cosa ordinare, sicuramente vi indicheranno i migliori prodotti del locale.
Bene, adesso che l’hype è alto, passiamo alla parte importante. In Italia gli speak easy iniziano ad aprire una quindicina di anni fa. Lentamente si diffondono su tutto il territorio nazionale, ma le capitali del settore, per quanto riguarda i numeri, sono Roma e Milano. È difficile stilare una classifica dei vari locali perché ogni secret bar è un piccolo mondo a sé stante e nonostante gli elementi che li accomunano non basta visitarne uno per conoscerne la galassia. Abbiamo quindi preferito preparare una lista, senza pretese di graduatoria, per farvene conoscere alcuni dei migliori nel panorama nostrano, così che possiate visitarli e decidere quale sia il vostro preferito. Se li trovate.
Donkey
Iniziamo questo magnifico viaggio su e giù per lo stivale dalla vecchia signora di gucciniana memoria. A Bologna infatti, dalla fine del 2020, la vita notturna di Vicolo del Broglio è animata dal Donkey. Lo speak easy nasce per volontà di tre giovani esperti del settore – Michele Collina, Simone Donà, Marco De Bellis – con un sogno chiaro: dare vita ad un ambiente riservato, intimo, dove il cliente possa staccare la spina. Ad assicurare l’esclusività dell’esperienza Donkey, un massiccio portone ligneo medievale, limes tra il locale e il mondo esterno.
All’interno luci soffuse e buona musica vintage, carta da parati a tema esotico e bancone di marmo. E poi sale tematiche tra cui, udite udite, una cigar room molto ben rifornita e affacciata sullo sky line della città. Per quanto riguarda i cocktail, invece, il concept è la sobrietà: pochi ingredienti, solo di stagione, e attenzione chirurgica alla mixology. Proprio per il rispetto della stagionalità degli ingredienti di cui sopra il listino viene cambiato periodicamente: fatevi consigliare e restate incantati da ciò che vi verrà servito. Per accedere bisogna avere la Donkey Membership Card e conoscere la parola d’ordine temporanea (non c’è da preoccuparsi, viene fornita contattando il locale), necessaria per prenotare.
White Rabbit
Una porta di legno affacciata su via Garigliano, a Milano. Sulla superficie la scritta “se la luce è accesa suona pure il campanello, ne resterai sorpreso”. Suonate, un cameriere con una testa di coniglio bianco apre la porta e vi fissa in silenzio. Per fortuna prima di arrivare al White Rabbit avevate già chiesto la parola d’ordine via mail: potete entrare. Questo è il rito necessario per accedere in uno dei più apprezzati e segreti speak easy meneghini. All’interno un ambiente intimo a tema anni ’20, musica swing e macchine da scrivere come soprammobili. Lo spirito degli originali speak easy del periodo proibizionista, tuttavia, non viene mantenuto solo dall’entrata discreta o dall’arredamento decò. I cocktail, infatti, non sono raccolti in una carta ma nella Criminal List e riprendono nei nomi e nell’ispirazione i più famosi gangster dell’epoca.
Se ancora non siete soddisfatti dal tuffo nella New York del secolo precedente che il locale permette di fare, scendete al piano sotterraneo. Qui vengono organizzate feste a tema con abbigliamento d’epoca: iniziate ad inamidare i colletti delle vostre camicie migliori. Una bisca clandestina ed elegante, quindi, più che un paese delle meraviglie, ma in ogni caso un locale dove seguire il Bianconiglio (leggasi “i gestori”) e affidarsi alle sue sapienti mani per trascorrere una serata unica. Fidatevi, ne resterete sorpresi.
Cotton Club
Continuiamo il nostro grand prix alcolico e torniamo in Emilia, per la precisione a Modena, a pochi minuti a piedi da Piazza Grande. Il Cotton Club si ispira al più famoso speak easy della Harlem di epoca proibizionista, e certamente ne sa riproporre magistralmente lo stile. L’eleganza degli arredamenti si accompagna infatti ad un’offerta di cocktail di qualità indiscussa. Oltre a questo, tuttavia, un altro elemento concorre a fare del Cotton Club uno dei migliori speak easy in Italia: la musica. Ogni settimana vengono proposti concerti con alcuni dei più importanti nomi della scena italiana, in particolare jazz.
Accedere al locale, ormai avrete capito l’andazzo, non è una passeggiata. Niente insegne, parola d’ordine e accesso vietato se tutti i posti a sedere sono occupati. L’idea dei gestori, Giulia Lugli e Andrea Lazzaretti, è infatti quella di un locale che possa essere fonte di totale relax per chi lo vive. Niente servizio in piedi, quindi, non si parla ad alta voce e bando ai cellulari. Un must see che non può non essere visitato la prima volta che vi troverete dalle parti di Modena.
The Race Club
Essere multitasking è una bella qualità. Lo sanno bene Diego e Dario Ferracani, i due fratrelli romani che nel 2014 aprono in via Labicana il The Race Club. Mezzo speak easy, mezza officina, permette di trascorrere una splendida serata tra cocktail di magnifica ricercatezza e chiavi inglesi. L’ambientazione è oltremodo calorosa, così come l’ospitalità dei proprietari, che non rinunciano a promuovere encomiabili iniziative benefiche. Dal 2022, infatti, per ogni drink consumato corrisponde una donazione ad una causa benefica. Dall’inizio della raccolta fondi sono già stati donati 18mila euro e l’obbiettivo è continuare su questa strada per aiutare sempre di più chi è in difficoltà, seguendo il motto del locale “bere bene, facendo del bene”. Bravi!
Per accedere al Race è necessario fare una “patente” (se non vi piacciono i giochi di parole a tema motori questo non è il locale che fa per voi, se invece vi piacciono qui raggiungerete il nirvana) che permette, cito, “di circolare liberamente in pista per un anno”. Allo scadere dei 12 mesi sarà sufficiente rinnovarla per poter continuare ad accedere al locale (vi assicuro che vorrete farlo). Confermata anche questa come una tappa imperdibile a due passi dal Colosseo.
L’Antiquario
Ingredere has aedes quisquis amicus eris, entra in questa casa chiunque tu sia, sarai un amico. Potrebbe essere questa frase la migliore rappresentazione de l’Antiquario, locale che a Napoli ha fatto dell’ospitalità il proprio baricentro. Vicino a piazza Vittoria, passeggiando tra negozi d’arte e di antiquariato, potreste imbattervi in una piccola vetrata senza insegne. Citofonate, varcate la soglia. Vi guardate attorno, siete in un mondo nuovo di rara eleganza, camerieri in camici bianchi, intrecci di luci e profumi, atmosfera anni ‘30. Vi raggiunge un jazz, oppure è un blues?, vi sentite come mai prima nella città di Pino Daniele.
L’Antiquario viene aperto nel 2015 da Alexander Frezza e Francesco Cappucio, non ci è voluto molto perché diventasse uno dei locali più affermati della città partenopea ed uno dei più apprezzati speak easy d’Italia. Anche per lui, quindi, l’essere nella top 50 dei migliori bar del mondo sembra quasi cosa dovuta. Ma come se ciò non bastasse, dopo l’ospitalità, l’ambiente e la musica, anche i cocktail concorrono ad emozionare per la raffinata armonia con il contesto in cui vengono serviti. Nella carta infatti non si trovano solo i classici drink, ma anche signature dello stesso patron Alexander, assolutamente imperdibili.
Rasputin
Siamo a Firenze, somewhere in Santo Spirito, ma i candelabri, le poltrone in velluto, i tavoli di legno urlano una cosa sola: MOCKBA! L’esoterismo dorato della corte zarista rivive tra queste mura a pochi passi dalla Basilica del Brunelleschi. Il Rasputin, ispirato nel nome al monaco pazzo che sussurrava all’orecchio di Nicola II, è stato il primo speak easy della città. Il numero civico è un mistero, quindi armatevi di pazienza e battete ogni angolo di Santo Spirito, fino a trovare una porticina immersa tra icone e croci. Un piccolo campanello d’ottone farà aprire uno spioncino e apparire due occhi, forse la porta si aprirà.
All’interno del locale sarà vietato fare foto, perché i segreti devono restare tali, quindi non ci sono scuse per non avere il focus completamente rivolto ai cocktail. L’offerta è molto, molto ampia, quelli che la sanno lunga parlano di 300 etichette, con un’attenzione particolare nei confronti del whisky. Un’identità unica, quella del Rasputin, che gli ha fatto macinare le classifiche del settore dei cocktail bar, tanto che ad oggi è considerato tra i primi 200 al mondo!
Club Derrière
Roma, zona Pantheon. Entrando all’Osteria delle Coppelle, delizioso locale di cucina romana, si nota un armadio bianco: apritelo, dite la parola d’ordine (viene comunicata tranquillamente contattando i gestori), entrate. Io eviterò le battute su Narnia perché immagino siano state fatte spesso, voi concentratevi sul secret bar in cui avete appena fatto capolino. Poche luci, tante bottiglie, tantissimi libri, una console per il dj set. E poi poltrone e divani in pelle ovunque si posi lo sguardo, uccelli impagliati, teche di farfalle.
Ad accogliervi troverete un’armatura medievale, di fronte il bancone. Qui potrete ordinare; niente vini, birre o cibo, però. In cambio una selezionatissima lista di whisky, tequile, rum e gin, a cui si aggiungono le dodici miscelature della casa. Attenzione alle regole del locale: sono tredici, tra queste l’essere ben vestiti ed il divieto all’utilizzo del cellulare. Uno speak easy eclettico, dunque, e dal sapore carbonaro, uno degli ultimi aperti nella capitale, assolutamente da non perdere. Ultimo consiglio, per sicurezza è sempre meglio prenotare, tranne nel week end, quando l’entrata è solo libera.
The Jerry Thomas
In principio era il Jerry Thomas. Nasce nel 2010, ed è il primo in Italia. Siamo ancora a Roma, nello speak easy che ha aperto la strada nel nostro Paese all’intera categoria. Dietro un portone rosso nei pressi di Campo dei Fiori si dispiega una caldissima atmosfera da ruggenti anni ’20. Anzi, ruggentissimi: se non vi fidate assaggiate il Ghost Old Fashioned. Antonio Parlapiano, Leonardo Leuci, Roberto Artusio, Alessandro Procoli – in arte Il Professore, Il Presidente, El Chaman, Il Papi – sono i fondatori del Jerry Thomas, all’epoca fortemente voluto per “scuotere il dormiente panorama italiano della mixology”. Un impegno coronato tredici anni dopo da I Drink Immortali, una cocktail list che è via di mezzo tra herbarium medievale ed opera d’arte.
Non mancano i riconoscimenti (per sei volte tra i 50 migliori cocktail bar al mondo), ma di questo ne capirete il motivo se riuscirete ad entrare; c’è una parola d’ordine, ma è nascosta nella home del sito (non esagero, cliccate ovunque). Il Jerry Thomas però non è soltanto una tappa imperdibile per chiunque si dica appassionato agli speak easy o al buon bere in generale, anche chi si sente attratto da un punto di vista più “creativo” dal mondo delle miscelature non resterà deluso. Il Jerry infatti promuove un’accademia per diventare maestri della miscelazione di qualità.